Ganga Ki Jay!

Al tramonto, ci si immerge nelle sacre acque del Gange

L’India, “un paese di un miliardo e duecento milioni di abitanti che vivono in seicentocinquantamila villaggi, dove si parlano più di settecentocinquanta lingue. Dove si adorano venti milioni di divinità”.

Dominique Lapierre

Succede alle storie proprio come succede ai pensieri, vengono sostituite da altre storie.

Sono appena rientrato dal Kumbh Mela indiano e so già che tra poco i miei ricordi sfumeranno e la mia mente verrà attratta da altri progetti. Grazie alla fotografia, potrò rivivere quello che i miei occhi hanno veduto. Ma è proprio per colpa della fotografia che non ho vissuto, nel suo svolgersi, le emozioni legate alla spiritualità dell’evento.

Quelle che seguono sono le parole di Anna Maspero che, seppur scritte in occasione del Kumbh del 2010 e indegnamente da me riadattate per descrivere il Kumbh di quest’anno appena terminato, sono comunque adatte ad accompagnare i miei scatti di quest’anno.

E’ l’ora magica del tramonto sul Gange, la dea Ganga, il fiume sacro a ottocento milioni di hindu. Le rive si illuminano di fuochi e risuonano dei canti e dei mantra della puja vespertina. In un’aria pregna di spiritualità, migliaia di pellegrini accendono le diya, piccole lanterne di creta alimentate da burro liquefatto o da un pezzetto di canfora, poi le abbandonano delicatamente alle acque scure dentro precarie imbarcazioni fatte di foglie e riempite di petali colorati. Anche noi ci avviciniamo ai falò, accendiamo gli stoppini delle nostre offerte e, con una preghiera di ringraziamento per essere testimoni e partecipi di questo grande rito collettivo, consegniamo al fiume la nostra fragile feluca. Guardiamo le fiammelle danzare sull’acqua simili a tanti fuochi fatui, accendendosi e spegnendosi come le lucciole le sere d’estate, le vediamo arenarsi contro un improvviso ostacolo e riprendere poi a fluttuare fino a scomparire, portate dalla corrente o inghiottite da un’onda un poco più forte…

In questa cerimonia del Ganga Aarti ci sono tutti e quattro gli elementi che secondo le antiche filosofie danno origine alla vita e all’intero universo: l’aria che alimenta la fiamma, la terra delle lanterne, il fuoco e, soprattutto, l’acqua.

L’acqua simboleggia la vita che scorre, rappresenta il divenire e la trasformazione, perché non ha inizio né fine o forse perché è inizio e fine. Da questo elemento il nostro mondo ha avuto principio così come nella materia densa del liquido amniotico prende forma la vita. D’acqua è costituita la quasi totalità della materia vivente così come la terra è circondata dagli oceani.

Milioni di pellegrini hanno raggiunto Allahabad in treno

Si accendono i lumini per completare la preghiera facendoli scivolare nelle acque del fiume sacro

L'alba del bagno reale nel sangam, dove lo Yamuna si congiunge al Gange

L’alba del bagno reale nel sangam, dove lo Yamuna si congiunge al Gange

[Secondo moltissimi miti e religioni l’acqua è anche l’elemento purificatore: lo è nel battesimo per i cristiani, come nelle abluzioni prima della preghiera per i musulmani e gli ebrei. Ma lo è soprattutto qui nel sangam, il luogo dove il Gange si unisce allo Yamuna e al mitologico terzo fiume sotterraneo, nei riti quotidiani lungo le rive come nel bagno sacro collettivo che ogni tre anni vede milioni di pellegrini immergersi durante le sei settimane di celebrazione del Kumbh Mela].

Il Gange, questo grande fiume di vita e di morte, purificatore e funebre, rappresenta appieno lo spirito e la sacralità dell’India. Gli hindu credono che le sue sorgenti si trovino sulla cima del monte Meru, la mitica dimora degli dei e da lì scenda sulla terra passando attraverso la chioma intrecciata di Shiva. Indifferenti all’inquinamento del fiume che lungo i 2.500 chilometri del suo corso raccoglie gli scarichi industriali e i liquami delle oltre cento città attraversate, ripetono quotidianamente i loro riti fra rifiuti portati dalla corrente e resti di cremazioni e di offerte, convinti che immergersi nelle sue acque lavi dai peccati e sia una scorciatoia per il moksha, la liberazione dal cattivo karma e dal ciclo di morti e rinascite.

L’acqua purificatrice è l’elemento intorno a cui ruota il Kumbh Mela, il grandioso pellegrinaggio che rappresenta l’apice della spiritualità hindu e il cui nome deriva da Kumbh, “vaso”, simbolo di fertilità, e Mela, “festa”. Secondo la leggenda, mentre Dei e Demoni combattevano per il possesso del vaso colmo di nettare dell’immortalità, l’“amrita”, quattro gocce di ambrosia caddero sulla terra e da ciascuna di esse nacque una città sacra: Allahabad, alla confluenza di Gange, Yamuna e del mitico fiume Saraswati; Haridwar dove il Gange lascia l’Himalaya e incontra la pianura; Ujjain, sulle sponde del fiume Shipra e infine Nasik sulle rive del Godawari. In ciascuna di esse si celebra ogni dodici anni, a rotazione, il Kumbh Mela.

[Vi accorrono milioni di pellegrini e per il Maha Kumbh Mela del 2013, quello più grande e importante che si è svolto ad Allahabad, alcune stime, hanno parlato di oltre centoventi milioni, cifre che ne hanno fatto il più grande pellegrinaggio al mondo].

Lasciate le rive del fiume, ci addentriamo nella gigantesca tendopoli popolata da un’incredibile caleidoscopio di umanità.

[Tra i sadhu, che si riuniscono al Kumbh Mela, delle figure particolari sono i Naga – gli uomini asceti coperti di cenere – che da mattina a sera siedono nudi all’aperto e nel freddo a ravvivare la fiamma dedicata al dio distruttore di illusioni Shiva, tra chilum di hashish o lunghe meditazioni con lo sguardo fisso sul fuoco].

I ponti artificiali che permettono ai pellegrini di passare da una sponda all’altra del Gange

Gli accampamenti dei pellegrini più poveri

Un naga durante una discutibile ‘prova’ di potenza

[Nei giorni in cui si verificano particolari condizioni astrali si hanno i cosiddetti bagni reali; tutti si lanciano in acqua assieme gridando Ganga Ki Jay!, un saluto al Fiume Madre che sta per unirsi al Padre Yamuna per generare Saraswati, e tutti insieme per raggiungere le immensità dell’Oceano, e da qui risalire al cielo da dove provengono].

Ma il vero spettacolo sono i milioni di pellegrini arrivati in treno e in autobus, a piedi e sui carri, a dorso di cammello o in sella a un cavallo… Alcuni indossano solo un panno di tela annodato in vita e ghirlande di fiori gialli al collo, altri sono drappeggiati in ricchi paramenti; molti uomini portano turbanti dai colori accesi, le donne hanno i corpi fasciati in preziosi sari… Per una volta tutti sembrano dimentichi di caste e appartenenze: l’acqua scura della Mama Ganga accoglie i suoi figli senza distinzione alcuna.

[A parte le nostre messe cristiane, durante le quali il vino e il pane si trasformano come in una puja orientale in corpo e sangue della divinità (molti indiani credono che Gesù sia morto nel Kashmir anziché sul Golgota), esistono ben pochi altri cerimoniali legati agli elementi della natura sopravvissuti tra gli uomini bianchi. Il Kumbh Mela è uno di questi].

Buona luce

Commenti

Commenti

Leave a Reply

Your email address will not be shared or published.