Quando a sposarsi è un principe.

nigerian wedding photographer top luxury photo edoardo agresti

Gli sposi circondati dalle bride’s maids mentre ballano sulla musica del cantante

Stavo cenando con la mia compagna una sera d’estate quando ricevetti una telefonata. Il chiamante era strano. Molti numeri preceduti da un +234. Era sicuramente una telefonata dall’estero ma quelle prime tre cifre non le associavo a nessun paese conosciuto o almeno con il quale avevo già avuto modo di parlare. Risposi incuriosito. Si trattava di una wedding planner e mi richiedeva un preventivo per un matrimonio. Iniziai a farle delle domande di rito tipo quando, dove, quanti invitati e rimasi stupito quando mi disse che mi stava chiamando dalla Nigeria per un matrimonio con circa 1500 ospiti. Beh la prima cosa che le dissi fu di scrivermi una email e che le avrei risposto su quella. Attaccai convinto che si trattasse di un fake o peggio ancora dell’inizio di una truffa.

Tempo 10 minuti mi arrivò una email con tutte le informazioni di cui avevo bisogno per farle un preventivo e me lo richiedeva con una certa urgenza. Con molta poca voglia le risposi in modo generico, senza entrare nei dettagli e senza nemmeno espormi con delle cifre. Rimasi molto sul vago, volevo capire dove stava l’inganno. Mi ricordo che scrissi anche su Facebook per capire se altri avessero ricevuto una telefonata simile. Eravamo stati contattati solo in due. Anche questo mi lasciò alquanto perplesso. Decisi di inviarle il mio listino e di vedere come si evolveva la cosa convinto, però, di stare perdendo tempo.

La nostra corrispondenza invece andò avanti entrando sempre più nei dettagli e con delle specifiche sempre più interessanti. Quindici giorni dopo la nostra prima conversazione mi arrivò la conferma. Ancora ero lontano dall’idea di aver preso il matrimonio, anzi ero sempre convinto che alla fine ci fosse il trucco e mi stavo scervellando per capire dove fosse. La wedding planner mi chiese le mie coordinate bancarie per bonificarmi l’acconto. Mah, gliele detti. Mancavano ancora 3 mesi al giorno delle nozze e onestamente se mi avesse accreditato il deposito che le avevo richiesto, non capivo dove poteva essere l’inghippo. Il bonifico arrivò, la cosa si stava facendo veramente interessante. Di lì a poco organizzai una skype call con la futura sposa che voleva ‘conoscermi’ prima, anche se solo su video. Adesso stavo realizzando che veramente mi era stato dato il lavoro e che sarei andato in Nigeria. Iniziai quindi a seguire l’evoluzione di ebola nel paese africano e soprattutto le notizie legate a Boko Haram che stavano terrorizzando il nord del paese.

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L’ingresso a casa della sposa

Beh alcuni giorni prima che mi arrivassero i visti sul passaporto la Nigeria fu dichiarata ebola free e la

La nostra scorta

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L’allestimento della sala, un’ala di casa del padre della sposa, dove si sarebbe svolto il ricevimento.

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Il re, padre dello sposo, dopo la cerimonia di nozze circondato dagli anziani di corte

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Lo stemma nobiliare del principe

Beh alcuni giorni prima che mi arrivassero i visti sul passaporto la Nigeria fu dichiarata ebola free e la wedding planner mi dette garanzie sul fatto che il terrorismo era localizzato nel nord est mentre il matrimonio era nel sud ovest e che comunque avrei avuto delle guardie del corpo che avrebbero seguito i nostri spostamenti. Devo dire che quest’ultima considerazione non è che mi tranquillizzò molto.

Galleria fotografica dei giorni prima del matrimonio

Partimmo io e parte del mio staff. Ancora non avevo capito né chi era la sposa né tanto meno che si trattava di un matrimonio reale. Avevo intuito che fossero dei benestanti, ma la mia immaginazione si fermava lì. Fu dopo il nostro arrivo prima a Lagos e poi a Benin City che iniziammo a renderci conto che non era un semplice matrimonio di una coppia di ricchi nigeriani. Mi ricordo che entrammo in casa della sposa passando tra una ventina di guardie del corpo, camionette della polizia, diversi militari molti dei quali indossavano giubbotti antiproiettile e tenevano un mitra a tracolla. Beh doveva essere qualcosa di più. Conoscemmo la sposa, i suoi fratelli, la sua famiglia. Nel parlare ecco che Ivie, la futura convolante a nozze, con una naturalezza imbarazzante ci disse che il suo futuro marito era un principe. Ci guardammo per essere sicuri di avere capito bene. Si avevamo capito bene: my husband to be is a prince! Iniziammo a scattare con occhi e attenzione nuova. Adesso non era più un servizio ‘normale’ ma stava diventando qualcosa di diverso. Un reportage che andava oltre la fotografia di matrimonio. Mi vennero in mente i servizi di Benedicte Kurzen, di Robin Hammond, di Glenda Gordon che avevano e stanno ancora lavorando in Nigeria. Però, a differenza di loro, io ero stato scelto come fotografo personale della coppia e la cosa mi inorgogliva non poco. Inizia così a raccontare quello che stavo vivendo fin dagli allestimenti, dalla preparazione delle ‘bomboniere’, dai rituali pre wedding insomma volevo documentare una storia che mai avevo vissuto, un’esperienza molto particolare, totalmente diversa da quello che avevo mai fotografato prima. Tradizioni, culture, rapporti umani inconsueti e nuovi ai quali non avrei mai pensato o sperato di poter condividere. Volevo fare un reportage che facesse vedere tutto questo.

Abbiamo trascorso più di una settimana in Nigeria e gli aneddoti che potrei raccontare sono veramente numerosi. Ci siamo trovati in delle situazioni alcune volte imbarazzanti altre fotograficamente intriganti. Abbiamo vissuto un’esperienza unica, almeno per me. Non vado oltre e non entro nei dettagli, lascio la parola alle fotografie.

Buona luce

P.S.: doveroso un ringraziamento al collega Edgard De Bono che ha vissuto questa avventura lavorativa con me

Galleria fotografica del matrimonio

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