La foto di Matteo Mignani in critics

Fotografia di: Matteo Mignani

Bio del fotografo: 

Nasce nel 1974 in provincia di Bergamo. Dopo l’università a Pavia, dove studia Lettere, lavora nel campo dell’editoria a Milano. Nel 2008 si trasferisce a Roma dove la fotografia diventa la sua principale attività. Si divide così fra fotogiornalismo e cinema, partecipando alle più importanti manifestazioni cinematografiche italiane come la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, il Festival Internazionale del Film di Roma e i premi ‘Nastri d’Argento’.

Commenta: Dave the Minion

Mi è stato chiesto di leggere una fotografia molto diversa dal genere di fotografie che “frequento” abitualmente. Sì, perchè le fotografie si frequentano come si frequentano le persone e le idee. Dopo un po’ si comincia a farlo con quelle più simili a te.

La fotografia di matrimonio è un campo difficile, intellettualmente e fisicamente, dove è l’originalità e la cultura del fotografo che fanno la differenza. Le storie, alla fine, sono tutte uguali. Tutte cominciano allo stesso modo, si svolgono in maniera prevedibile e terminano con una torta. Apparentemente è tutto qui. E invece no. E’ vera, verissima fotografia quando a farla sono dei professionisti.

Veniamo alla foto in questione, cominciando dallo spoiler del finale: mi piace. Mi piace, perchè mi diverte e incuriosisce. Mi fa domandare CHI siano tutte queste persone (lo so, sono novelli sposi e i loro ospiti, ma la domanda è: CHI sia ciascuno di loro. Sono fatto così) e DOVE si trovino. Da pugliese, mi verrebbe di collocolare la scena al sud. Un po’ la luce, un po’ l’evidente terrazza sul mare (gli ombrelloni arancioni, chiusi, a sinistra). Ma soprattutto quegli orribili capitelli di dubbio gusto sullo sfondo. Ecco, adesso che ho menzionato I capitelli, mi viene in mente Roland Barthes che nel capolavoro La Camera Chiara aiuta un po’ gli umili lettori di fotografie, suggerendo due strumenti di lettura: il primo è quello che lui chiama stadium, l’aspetto razionale che si manifesta quando il fruitore si pone delle domande sulle informazioni che la foto gli fornisce (costumi, usi, aspetti). Il secondo, a me molto congeniale, è il punctum, ovvero l’aspetto emotivo, quando lo spettatore viene irrazionalmente colpito da un dettaglio particolare della foto. Al termine di una lettura critica razionale su alcune scelte forse opinabili quali una vignettature eccessiva (che però capisco essere funzionale allo stringere lo sguardo sugli sposi) e una strana luce sul volto della sposa, lo stadium mi fa venire in mente la classica scena cinematografica della cerimonia finale dei cadetti di West Point, in cui tutti lanciano – felici – in aria i loro berretti militari. E’ una scena carina, qui citata dal fotografo che sostituisce I berretti con i palloncini. Ma i berretti ricadono giù, i palloncini sono destinati a salire, salire, salire. Che poi – se vogliamo – una metafora ben augurale per un buon matrimonio: una strada in continuo miglioramento. Spesso va a finire come i berretti di West Point, ma questa è un’altra storia comunque…

Dicevo, la scena. E’ evidentemente una scena costruita e sceneggiata e ciò che la rende divertente ai miei occhi, è che l’artificio è “raccontato” da quella mamma con stola di eco pelliccia (con quel caldo…) che tiene in alto il braccio del bambino. Ma il punctum, quello che emotivamente mi colpisce, il dettaglio che a scattare qualcosa in me sono quei capitelli. Non so bene perchè; se lo sapessi non sarebbe una reazione emotiva, no? Eppure mi colpiscono perchè mi raccontano di un Sud che non riesce ancora a fare pace con il proprio patrimonio culturale e che deve sforzarsi sempre di trovare un volgare sincretismo culturale tra (finte) vestigia archeologiche (in questo caso, allora, siamo in Sicilia, Campania o Calabria) e tra le bellezze di un paesaggio naturalistico spesso sventrato. Quei capitelli raccontano questa storia. Una storia, in questo caso, e per l’occasione, Bianca come il colore di quei bei palloncini che sono – forse – i veri protagonisti della foto.

[ndr mi permetto, anche questa volta, di fare un’aggiunta ad un’analisi che condivido appieno. La trovo molto precisa e giustamente argomentata. Guardandola mi sono tornate alla mente alcune immagini ironiche e ‘improbabili’ di Martin Parr. Questa foto, se andiamo a leggerla nei dettagli e ci soffermiamo a vedere tutti gli elementi che la compongono, trovo abbia delle forti analogie con quelle realtà al limite dell’assurdo raccontate dal fotografo inglese.]

Fotografia di Martin Parr, fotografo Magnun

Fotografia di Martin Parr, fotografo Magnun

[Le fotografie qui presentate, nel rispetto del diritto d’autore, vengono riprodotte per finalità di critica e discussione ai sensi degli artt. 65 comma 2, 70 comma 1 bis e 101 comma 1 Legge 633/1941.]

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