La foto di Fabrizio Proietto in critics

Fotografia di: Fabrizio Proietto

Bio del fotografo: 

Fabrizio Proietto diventa fotografo professionista nel 2002 dopo aver seguito sin da bambino le orme del padre.
Vive e lavora fra Italia e Messico. Membro di varie associazioni professionali tra cui: WPJA, ISPWP, Fearless Photographers

Commenta: Muttley

L’immagine è accattivante, sicuramente lo è ad un primo impatto in cui la lettura si forma subito dalla percezione della cromai dominante. L’uso di quei tre colori semplici, verde-blu-arancio semplifica, sintetizza l’immagine e ci restituisce una visione netta, definita, immediata. Quasi un cloisonnisme[1] fotografico, un insieme di campiture giustapposte dal sapore semplice. A mio avviso, però, l’immagine si spegne quando il nostro occhio, riempitosi dei colori e del nero che li incornicia, a volte con qualche morbida incertezza, arriva a posarsi sulla costruzione della scena, sul soggetto vero e proprio, sugli attori dell’immagine. Se da un lato lo scatto si svincola con originalità da tanta tradizione iconografica legata alla fotografia di matrimonio e cerca di giocare con forme semplici e statiche, colori saturi e decisi, dall’altro non riesce a svincolarsene del tutto, lasciando al soggetto principale (gli sposi) la stessa dignità spaziale di una coppia di sedie a sdraio. Non ci sono giochi di profondità, i piani non dialogano, è un’immagine molto lineare. Sarebbe bastato spegnere quella luce [flash? ndr] – fredda – che trasforma quei due sposini seduti (che tanto ricordano gli amanti di Peynet [2] ) nella loro sagoma nera per riportare un punctum[3] perfetto. Un raggio di luce calda ad illuminare i volti avrebbe forse creato, in un secondo momento, un punto d’appoggio un po’ più definito per il nostro sguardo e ci saremmo così dimenticati di quelle sedie a sdraio.

[Mi sono permesso di inserire delle note alla precisa critica sopra descritta non perché penso che il pubblico che legge queste righe sia ignorante, ma l’ho fatto per me. C’erano cose che non conoscevo e che ho avuto il piacere di imparare. Quindi mi permetto di condividerle con tutti voi. Magari c’è qualcuno che come me sarebbe andato a fare una ricerca su google.] 

[1]Il cloisonnisme (compartimentismo, divisione in compartimenti) è una tecnica pittorica che consiste nel racchiudere le campiture cromatiche entro il limite netto di un contorno senza effetti chiaroscurali creando in questo modo dei blocchi compatti di colore.

[2]Raymond Peynet,nato a Parigi nel 1908, a quindici anni fu ammesso alla futura Scuola delle Arti Applicate all’industria presso la Scuola Germain Pilon che si trovava proprio di fronte al bar dei genitori, da poco trasferiti da Auvergne alla capitale francese. In seguito lavorò per un’agenzia pubblicitaria a Parigi, disegnando etichette di profumi e di scatole di cioccolatini e realizzando varie pubblicità. Nel 1942 la vita di Peynet giunse ad una svolta. Mentre era seduto su una panchina di fronte al chiosco della musica di Valence (divenuto nel 1982 monumento storico), immaginò un violinista dai lunghi capelli che suonava da solo e una ragazza che lo ascoltava: nacquero così i celebri fidanzatini. Le immagini dei fidanzatini fecero il giro del mondo, su libri, cartoline, francobolli, porcellane, medaglie, sciarpe, bambole, statue.

Peynet

[3]Il punctum, nella visione di Roland Barthes nel suo splendido libro Camera chiara, è l’aspetto emotivo, ove lo spettatore viene irrazionalmente colpito da un dettaglio particolare della foto. Si contrappone allo studium.

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