E se si riuscisse a togliere il ‘tempo’ alle fotografie?

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La Fotografia è una grande bugia, Smargiassi, il giornalista di Repubblica, ha impiegato le 300 pagine del suo libro per parlarne. Scianna ci dice che la Fotografia è qualcosa che mostra, ma non dimostra assolutamente niente. Si fotografa la realtà ma solo una parte di essa: quella che il fotografo decide di isolare da tutto il resto. Si riduce a due dimensioni il tridimensionale e l’uso di un particolare obbiettivo, sia questo un tele spinto o un grandangolo ampio, falsa la percezione delle distanze. Anche le emozioni che un’immagine può trasmettere sono, nella maggior parte dei casi, soggettive e influenzate in modo determinante dall’esperienza e dalla sensibilità di colui che osserva.

Cosa ha di certo allora una Fotografia? Il tempo. In quell’attimo, in quel momento, in quella precisa frazione di secondo è successo quello che la luce ha impressionato sulla pellicola o sul sensore della nostra camera. In tutte le foto esposte in una mostra, ma spesso anche in quelle pubblicate nei libri o nei magazine, si riporta la data di scatto perché quella è l’unica cosa veritiera che l’immagine ci racconta (poi possiamo anche decidere di credere al contenuto, ma è una scelta personale). Ecco, quello che da un po’ sto cercando di fare alla mia fotografia è cercare di annullare questa unica verità. Ovviamente è una cosa impossibile, ‘quello’ che è accaduto ‘è stato’ proprio in quell’esatto momento, ma si può, ed è ciò che sto tentando di fare, alterarne la percezione del tempo. Mi spiego meglio.

Se vedete un’immagine nitida e ben definita dello skyline di New York fatta da Brooklyn senza le torri gemelle sullo sfondo, immediatamente collocate temporalmente lo scatto dopo la seconda metà del 2001, ma se su quello stesso scatto sovrapponete una vecchia e sporca lastra fotografica ecco che se ne perde la sua collocazione nel tempo perché l’effetto vintage sullo scatto ci porta a pensare che potrebbe essere stata fatta anche prima della costruzione delle torri stesse. Naturalmente se ne altera solo la percezione, ma questo cortocircuito sensoriale del tempo mi affascina e non so se mi porterà a qualcosa.

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Ultimamente mi piace farlo nella fotografia di matrimonio proprio perché è fortemente legata ad un giorno e a una data che ogni coppia ricorderà per sempre festeggiandone l’anniversario negli anni a seguire. Ecco, la mia idea è quella di rendere senza tempo quel ricordo preciso, come a sottolineare che il matrimonio non è, o quanto meno non dovrebbe essere, solo quel giorno. Quella felicità, quella gioia, quella scelta di partire per un viaggio insieme si dovrebbe rinnovare continuamente. Non il Giorno più bello della vita ma uno dei più belli. Togliere da quei ricordi il vincolo del momento.

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Per fare ciò ho lavorato in post produzione, alterando l’atmosfera delle fotografie ma senza toccarne il contenuto. Delle volte ho ‘fuso’ delle vecchie lastre fotografiche – alcune trovate nel vecchio laboratorio di mio padre – con lo scatto digitale (vedi il matrimonio indiano con cui ho vinto il WPPI nel 2016 come album dell’anno) altre ho invece agito sul contrasto, sulla luminosità e sulla grana. Credo ne sia uscito fuori una serie di lavori ai quali difficilmente si riesce a legare una data di esecuzione e, almeno nelle mie intenzioni, dovrebbero restare sospese nel tempo.

Buona luce

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