Art Press Photo, quando la fotografia di news diventa arte?

Poco dopo la comunicazione ufficiale dei risultati del World Press Photo lo scorso febbraio, lessi un bell’articolo scritto da Marco Pinna, photoeditor del National Geographic, dal titolo Glam Press Photo in cui si evidenziava, a suo parere, come quest’anno la giuria avesse privilegiato nella selezione degli scatti vincenti una certa tendenza a una fotografia che trattava la notizia in modo molto più ‘soft’, molto meno diretta del passato. Tra l’altro anche in un mio post sottolineai un po’ la stessa cosa. Ma non voglio assolutamente riaccendere alcuna polemica riguardo a tale contest. Riprendo però il titolo dell’articolo di Pinna con una piccola variante nella prima parola: da Glam ad Art.

Sono appena rientrato dal MIA – Milan Image Art – che, nella descrizione dell’evento tratta dal sito internet ufficiale, recita: la fiera internazionale d’arte dedicata alla fotografia e all’immagine in movimento. Onestamente dopo aver visitato gli stand non ho capito cosa sia l”immagine in movimento‘ ma sicuramente è un mio problema di percezione. Invece è ben chiaro l’associazione arte con fotografia. Gli stand erano infatti per la maggior parte gestiti da gallerie italiane ed internazionali che rappresentavano i loro autori esponendo alcune delle loro opere tra immagini e fotografie. Guardando le varie proposte si potevano osservare degli studi sul mosso, delle elaborazioni digitali, delle produzioni di fotografie dipinte a mano sottolinenando come l’autore, nello specifico, avesse anche delle abilità pittoriche.

Fotografia di Bjon Sterri

Arte Contemporanea – © Fotografia di Bjon Sterri

Fotografia di Maurizio Galimberti

Arte Contemporanea – © Fotografia di Maurizio Galimberti

Fotografia di Angela Lo Priore

Arte Contemporanea – © Fotografia di Angela Lo Priore

C’erano dei ritratti giganteschi con una definizione quasi tridimenzionale, altri molto più piccoli, solo accennati, che necessitavano di una spiegazione critico-filosofica sul senso della vita per essere compresi. C’erano delle stampe su particolari e costosi supporti che incorniciavano degli scatti che, a mio modesto parere, valevano molto meno del loro contenitore. Oppure preziose stampe al collodio o al platino, dei provini a contatto e altro ancora. Insomma tutti ‘quadri’ che normalmente si associano all’idea di fotografia d’arte. Molti degli autori rappresentati non li conoscevo, ma questo ovviamente non vuol dire niente sulla qualità delle opere, vuole solo denunciare la mia totale ignoranza in materia. Altri li avevo visti – due o tre per la verità – perché pubblicati sulla bella rivista Gente di Fotografia di Franco Carlisi sempre attento a scoprire nuovi talenti in tutti i campi dell’immagine fotografica.

Opere in vendita di Fabio Bucciarelli relativamente al progetto sul Sud Sudan pubblicato recentemente su Time e Guardian

Opere in vendita di Fabio Bucciarelli relativamente al progetto sul Sud Sudan pubblicato recentemente su Time e Guardian

Opere di Massimo Sestini. Sullo sfondo 'Mare Nostrum' vincitrice dell'ultimo World Press Photo in vendita a 5000 euro

Opere di Massimo Sestini. Sullo sfondo ‘Mare Nostrum’ vincitrice dell’ultimo World Press Photo in vendita a 5000 euro

Opere in vendita di Marco Casino

Opere in vendita di Marco Casino

Poi improvvisamente mi imbatto in scatti che conosco benissimo, che ho già visto pubblicati su Time, Guardian, New York Times sono di Fabio Bucciarelli relativamente sia al suo ultimo lavoro sul Sud Sudan che a quello precedente sulla Siria con il quale lo scorso anno ha vinto tutto: dal Festival della Fotografia Etica di Lodi ai prestigiosi World Press Photo e Robert Capa. Poco più avanti vedo lo stand di Massimo Sestini con in primo piano Mare Nostrum la fotografia del barcone di immigrati ripreso dall’alto con il quale ha vinto il World Press Photo quest’anno e che è apparsa sui più importanti magazine nazionali e internazionali. Continuo e subito dopo ecco quel bellissimo progetto di Marco Casino Staff Riding in Sudafrica con il quale ha vinto il World Press Photo Multimedia nel 2014. Tutti lavori che ho ammirato e apprezzato per il coraggio nella realizzazione e per i messaggi che comunicavano al mondo. Mi fermo un attimo e chiedo se sono in vendita e a quanto. I prezzi variano dai 600 agli oltre 5000 euro. Alcune con tirature limitate e altre a tiratura libera. Chiedo perché quelle a tiratura limitata a 10 pezzi del lavoro di Bucciarelli costano meno di altre a tiratura libera. Mi risponde la gallerista che il valore di quelle fotografie è più alto perché hanno vinto il Robert Capa e poi mi mostra i vari articoli dei giornali dove tali foto sono state pubblicate. Non si tratta di cataloghi d’arte come uno si sarebbe aspettato ma sono delle copie di riviste e giornali con tali foto a corredo di articoli che raccontano di tragedie, di guerre, di morte, di sofferenza. Rimango perplesso. La mia perplessità non è nel vedere tali foto in vendita, ci mancherebbe, ma è nel constatare che il valore dello scatto è legato all’aver vinto un premio di fotogiornalismo. Questo mi stupisce e apre a delle domande alle quali non riesco a dare risposte. I giudici di tali contest non sono in genere dei critici d’arte, o meglio non hanno valutato le fotografie come opere d’arte secondo dei parametri che credo essere ben diversi rispetto alla notizia fotogiornalistica che tali lavori approfondivano. Nelle varie giurie non c’erano dei galleristi, dei collezionisti o degli esperti d’arte ma dei photoeditor di riviste di settore, dei fotografi di reportage, dei direttori di giornali e non credo che nel selezionare le foto vincenti abbiano tenuto conto di criteri artistici, molti credo nemmeno avessero le competenze per farlo. Allora mi chiedo qual è il valore intrinseco di quelle foto? Certo i costi dell’arte sono strettamente legati al rapporto domanda/offerta ma quando e perché una foto di reportage che nasce con lo scopo di dare una notizia giornalistica, magari senza senso se estrapolata singolarmente dall’intero progetto, diventa arte? L’intento stesso degli autori degli scatti era ben diverso – almeno credo – dal farne ‘arte’. Allora se avessi le stampe delle foto vincitrici degli ultimi WPP: da Masturzo alla Biber, da Aranda ad Hansen avrei delle opere d’arte? Mi ricordo di una scatto di John Moore vincitore nel 2007 del WPP con una foto che documentava la morte della Bhutto a fronte di un attentato, mossa e sfocata. Beh anche quella allora può assurgere a foto d’arte? Mi sono chiesto questo e altro ancora e volevo condividerlo in rete nella speranza che qualcuno abbia delle risposte da darmi.

Fotografia di John Moore vincitrice del World Press Photo nel 2007

© Fotografia di John Moore vincitrice del World Press Photo nel 2007

Buona luce

Commenti

Commenti