Non è la camera a fare il Fotografo ma è grazie ad essa se faccio ancora il mio lavoro

Dal lavoro F.A.R.D.C., Repubblica Democratica del Congo, ©Michael Christopher Brown, 2012

E’ di questi giorni la notizia, riportata un po’ ovunque (cito tra tutti il bell’articolo di Marco Pinna sul blog del National Geographic) che il trentacinquenne ragazzone americano Michael Christopher Brown entrerà tra pochi anni a far parte dei membri effettivi della più importante e conosciuta cooperativa di fotografi, la Magnum. Sicuramente guardando i suoi lavori è certamente legittima la sua nomina come, in genere, lo sono tutte le altre dell’agenzia, ma perché questa volta la notizia ha avuto una eco maggiore e se ne è parlato molto più del normale? Beh il Signor Brown scatta con uno smart phone. I suoi reportage che spaziano dalla Libia – era con Hetherington poco prima che morisse – al Congo, dalla Cina al Messico vengono pubblicati sulle più importanti riviste di tutto il mondo e al photo editor non interessa con cosa siano stati realizzati, ma la qualità dello scatto sia in termini di pixels – più che sufficienti con i moderni telefonini – che, e direi soprattutto giornalisticamente parlando, in termini di contenuto.

Lavoro di street su Catania, mercato del pesce. Foto scattata con IPad e lavorata con Snapseed

oto IPP/Imago Misurata - Libia - 21.10.2011 Guerra civile in Libia - Morte del rais Gheddafi

Foto IPP/Imago Misurata - Libia - 21.10.2011 Guerra civile in Libia - Morte del rais Gheddafi

Riporto le parole, condivisibili in toto, di Pinna: ‘Io dico che quest’uomo è un eccellente fotogiornalista, che sa usare ogni mezzo  a sua disposizione in maniera seria, professionale ed esteticamente piacevole. Per quel che mi riguarda, lo strumento iPhone è perfettamente legittimo in mano sua. L’ennesima prova che più che la macchina fotografica, conta l’occhio, e la serietà professionale, di chi la usa.’

Mi è capito di scattare sia con iPhone che con iPad e devo dire che ho provato in prima persona, in contesti totalmente diversi, ciò che dice Brown nel giustificare professionalmente l’utilizzo del telefonino: ‘Il cellulare mi permette di rendermi davvero invisibile, e di avvicinarmi alle persone come nessuna macchina fotografica […] forse cambierà presto, ma almeno per ora, la gente non si rende bene conto che la stai fotografando, o non ti prende sul serio come fotografo…”. Certamente, quindi, ti puoi muovere entrando molto più dentro la scena, senza che la gente pensi che tu sia un professionista.

Ma… Ed ecco le mie considerazioni. Non discuto a livello qualitativo le fotografie fatte con uno smartphone perché basta dare un occhio non solo ai suoi scatti ma ai milioni che vengono quotidianamente caricati su Instagram o sui vari social networks per rendersi conto che il prodotto è indubbiamente, con tutte le limitazioni del caso, valido. Mi piacerebbe invece soffermarmi a spiegare perché sia ancora professionalmente importante, spendendo un po’ più di soldi, scattare con macchine fotografiche ‘tradizionali’.

Lacrime. Foto fatta con D4 Nikon durante un servizio di matrimonio

Vi racconto cosa mi è capitato di recente mentre stavo lavorando a un servizio di matrimonio. Come più volte detto in altre occasioni, lo stile fotogiornalistico applicato all’evento matrimonio non ti permette sbagli, nel senso che la tua attenzione deve essere sempre vigile, pronta a cogliere momenti e attimi unici irripetibili. Non solo. Tutto si esaurisce nelle poche ore del giorno del matrimonio e ogni situazione deve essere stata documentata al meglio. Deve essere stata buona la prima perché non puoi, una volta controllati gli scatti al tuo rientro in studio, renderti conto che non hai fatto lo scambio degli anelli, l’uscita degli sposi dalla chiesa con tanto di lancio del riso oppure non fermato quella lacrima di emozione di quando lo sposo si dichiara a quella che diventerà di lì a breve la sua futura moglie. Queste considerazioni sull’irripetibilità dell’evento valgono anche in altri campi della fotografia, tipo quella sportiva – ne parlavo giusto poche settimane fa con un collega -, pensate al momento del goal di una partita di calcio o al sollevamento della coppa nella finale di un mondiale e di esempi ne potremmo fare molti altri.

Beh vado a scaricare la scheda e mi accorgo che ci sono registrate solo poche decine d’immagini, cerco con un ‘recovery file’ di scansionare la compact flash e di recuperare qualcosa, niente. Non so per quale motivo, ma non c’era più praticamente il 90% di tutto il mio lavoro. Panico? Insomma, fate voi. Però l’avere una macchina professionale – una D4 Nikon – dotata di doppia slot settata su back up, mi ha permesso di avere tutte le foto salvate nella seconda scheda. Il costo della macchina, solo per questo, è stato ampiamente ripagato. Certo il servizio, ripeto con tutti le limitazioni del caso, l’avrei potuto fare con uno smartphone ma se mi si fosse danneggiata l’unità di memoria cosa avrei dato agli sposi?

Buona luce

[Le fotografie qui presentate, nel rispetto del diritto d’autore, vengono riprodotte per finalità di critica e discussione ai sensi degli artt. 65 comma 2, 70 comma 1 bis e 101 comma 1 Legge 633/1941.]

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